Il 3 giugno, primo venerdì del mese, è la solenne festa liturgica del Sacro Cuore, cioè la festa dell’amore di Cristo che si lascia squarciare il cuore dalla lancia perché la sua vita divina inondi il mondo intero. Attraverso la Porta Santa del suo cuore tutte le persone del mondo possono entrare nell’abbraccio della Divina Misericordia. «La Chiesa ha la missione di annunciare la misericordia di Dio, cuore pulsante del Vangelo, che per mezzo suo deve raggiungere il cuore e la mente di ogni persona». (papa Francesco Mv 12)
La festa del Sacro Cuore è celebrazione della persona di Gesù, che nel simbolo del cuore evidenzia la realtà della sua incarnazione; non va confusa con una semplice devozione come quella che si può riservare a qualche santo. È culto di Dio, culto della Santissima Trinità nel suo farsi presente nella storia umana con la morte e risurrezione di Cristo per la nostra salvezza. «Dal cuore della Trinità, dall’intimo più profondo del mistero di Dio, sgorga e scorre senza sosta il grande fiume della misericordia». (papa Francesco Mv 25)
Questo è quel cuore che ha tanto amato gli uomini (anno 1675)
Cuore di carne, cuore intessuto nel grembo di Maria, cuore di Gesù di Nazareth, cuore che ad ogni incontro ha amato e sofferto, fino a lasciarsi squarciare per salvare i nostri cuori di carne.
È lo stesso cuore che pulsa nell’Eucaristia quando ci uniamo a Gesù, ormai risorto e glorioso, nutrendoci del suo Corpo, Sangue, Anima e Divinità.
Non va ridotto o confuso con le sue rappresentazioni che risentono della fragilità dei nostri strumenti, della variabilità della nostra sensibilità, del nostro giusto bisogno di avere un “segno” della sua Misericordia: crocifissi, medaglie, quadri, stampe, icone, ecc. pur così importanti per esprimere e comunicare la nostra fede.
Non è una devozione vecchia, come non è vecchio l’amore di Cristo. Vecchia può essere una certa rappresentazione che con coraggio va sostituita. Ci ha pensato Gesù stesso quando in secoli successivi ha suggerito rappresentazioni progressive che vanno avvicinandosi sempre più all’essenzialità della pagina del Vangelo di Giovanni che dice: «I soldati andarono a spezzare le gambe ai due che erano stati crocifissi insieme a Gesù. Poi si avvicinarono a Gesù e videro che era già morto. Allora non gli spezzarono le gambe, ma uno dei soldati gli trafisse il fianco con la lancia. Subito dalla ferita usci sangue con acqua. Colui che ha visto ne è testimone, e la sua testimonianza è vera. Egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. Così si avverò la parola della Bibbia che dice: Le sue ossa non saranno spezzate, e: Guarderanno colui che hanno trafitto».
Ed ecco fiorire l’immagine del Gesù Misericordioso identificata giustamente come quella della Divina Misericordia poiché nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.
Gesù, io confido in te (anno 1931)
È l’atto di fede, semplice e concreto che Gesù vuole che fiorisca dal nostro cuore quando i nostri occhi incontrano il suo sguardo. Questo atto di fede è una vera “porta della Misericordia” perché dice Gesù a Santa Faustina: «L’anima che venererà questa immagine, non perirà. Già su questa terra otterrà vittoria sui nemici. Io stesso la difenderò come mia propria gloria nell’ora della morte. Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia».
Notiamo che questa immagine pur devozionale non proviene da una spontanea immaginazione di fedeli, né è un parto della creatività mistica di Santa Faustina, che anzi si confessa sconsolatamente incapace; è una raffigurazione ordinata dall’alto e prescritta nei minimi particolari.
San Giovanni Paolo II, in occasione del centenario della consacrazione del Genere umano al Cuore divino di Gesù scrive:
«Desidero esprimere la mia approvazione e il mio incoraggiamento a quanti, a qualunque titolo, nella Chiesa continuano a coltivare, approfondire e promuovere il culto al Cuore di Cristo, con linguaggio e forme adatte al nostro tempo, in modo da poterlo trasmettere alle generazioni future nello spirito che sempre lo ha animato. Si tratta ancora oggi di condurre i fedeli a fissare lo sguardo adorante sul mistero di Cristo, Uomo-Dio, per divenire uomini e donne di vita interiore, persone che sentono e vivono la chiamata alla vita nuova, alla santità, alla riparazione, che è cooperazione apostolica alla salvezza del mondo. Persone che si preparano alla nuova evangelizzazione, riconoscendo il Cuore di Cristo come cuore della Chiesa: è urgente per il mondo comprendere che il cristianesimo è la religione dell’amore».
È questo «Un Anno Santo straordinario, dunque, per vivere nella vita di ogni giorno la misericordia che da sempre il Padre estende verso di noi. In questo Giubileo lasciamoci sorprendere da Dio. Lui non si stanca mai di spalancare la porta del suo cuore per ripetere che ci ama e vuole condividere con noi la sua vita». (papa Francesco Mv 25)
P. Celeste ms
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