APPARIZIONE DELLA “MADONNA DE LA SALETTE” (19 settembre 1846)
Testo a cura di Padre Celeste Cerroni tratto dalla Rivista n. 6 Dicembre 2012 OCCASIONE SPECIALE ANNO DELLA FEDE
Massimino Giraud è nato a Corps, il 26 agosto 1835. Sua madre, Anna Maria Templier, è anch’essa di Corps. Il padre di Massimino, Germano Giraud, è venuto da un distretto vicino. Massimino ha solo 17 mesi quando muore la sua mamma, che lascia anche una bambina di 8 anni, Angelica. Poco dopo, il babbo si risposa. Massimino crescerà all’avventura: il carradore è all’officina o all’osteria; sua moglie non sente attrattiva per quel monello troppo vivace, spensierato che non rimane in casa, preferendo gironzolare per le stradine di Corps, attorno alle diligenze e alle vetture, o a correre col suo cane e la sua capretta. Il fanciullo è bricconcello, l’occhio vivo sotto il nero ciuffo scarmigliato e la lingua sempre sciolta. Durante l’Apparizione, mentre la Bella Signora si rivolge a Melania, fa girare il cappello sulla punta del suo bastone o sospinge sassolini fin sotto i piedi della Bella Signora. «Non uno però l’ha toccata» risponderà senza imbarazzo agli inquirenti. Cor diale appena si sente amato, malizioso quando lo si vuol riprendere. La sua adolescenza fu difficile. Nei tre anni che seguono l’Apparizione perde il fratellastro Giovanni Francesco, la matrigna Maria Court e il papà Germano Giraud. E’ posto sotto la tutela del fratello di sua madre, lo zio Templier, uomo rude e interessato. A scuola i suoi progressi sono modesti. La Superiora, suor Tecla, che veglia su di lui, lo chiama «moto perpetuo!» Aggiungete a questo le pressioni esercitate da pellegrini e curiosi. In queste circostanze, alcuni fanatici, partigiani d’un sedicente figlio di Luigi XVI, vogliono sfruttarlo a fini politici. Massimino li beffa con frottole. Contro l’espresso parere del parroco di Corps e non tenendo conto della proibizione del vescovo di Grenoble, queste persone conducono l’adolescente ad Ars. Massimino non ama la loro compagnia, ma apprezza l’occasione che gli si presenta per vedere un pó di mondo. Sono accolti dall’imprevedibile don Raymond, viceparroco del santo Curato, il quale, di colpo, dichiara che La Salette è un imbroglio colossale e Massimino un bugiardo. Durante la mattinata del 25 settembre 1850, il santo incontra due volte Massimino, nella sacrestia e in confessionale, ma senza confessarlo. Che cosa ha potuto raccontare l’adolescente esasperato? Il risultato è che per alcuni anni il santo curato non cesserà di dubitare e di soffrire. Dopo il decreto del 19 settembre 1851, rimanderà i suoi interlocutori al giudizio del vescovo responsabile; ci vorranno anni di prova e alcuni miracoli per convincerlo a dare il suo assenso all’Apparizione, ritrovando la pace. In quanto a Massimino, pur affermando con vigore di non essersi mai smentito, si troverà molto impacciato nel giustificare il suo comportamento. Basta elencare i luoghi dov’è passato per farsi un’idea di quanto il giovane abbia viaggiato. Dal Seminario minore di Grenoble (Rondeau) alla Grande Certosa, dalla parrocchia di Seyssins a Roma; da Dax e Aire-sur-Adour al Vésinet, poi al collegio Tonnerre, a Petit Jouy vicino a Versailles e a Parigi. Seminarista, poi impegnato in un ospizio, studente di medicina, lavora in una farmacia; si arruola come zuavo pontificio, annulla il suo ingaggio dopo sei mesi e ritorna a Parigi. Avendo il giornale La Vie Parisienne attaccato La Salette, Massimino lo querela e ottiene una rettifica. Nel 1866 pubblica un opuscolo La mia professione di fede sull’Apparizione della Madonna de La Salette.
Durante quel periodo, i coniugi Jourdain, una coppia tutta dedita al suo servizio, gli assicura un’ap- parente stabilità, paga i suoi debiti fino al rischio di rovinarsi. Massimino accetta allora di fare il socio d’un mercante di liquori che sfrutta la notorietà del pastorello per accrescere le sue vendite. L’imprevidente Massimino non riesce a far quadrare i suoi conti. Nella guerra del 1870 è mobilitato al Forte Barrau a Grenoble. Finalmente ritorna a Corps, dove lo raggiungono i coniugi Jourdain. Tutti e tre vivono poveramente, aiutati dai Missionari, d’intesa col vescovado. Nel novembre del 1874 risale a La Salette; dinanzi a un uditorio particolarmente attento e commosso, rifà il racconto dell’Apparizione come il primo giorno. Sarà per l’ultima volta. Il 2 febbraio 1875 si reca nella chiesa parrocchiale per l’ultima volta. La sera del 1° marzo, Massimino si confessa, riceve il viatico sorbendo un po’ d’acqua de La Salette per inghiottire l’ostia. Cinque minuti dopo rende la sua anima a Dio. Non aveva ancora quarant’anni. La sua salma riposa nel cimitero di Corps ma il suo cuore è nella basilica de La Salette, vicino alla consolle dell’organo. Era la sua ultima volontà: «Credo fermamente, anche a prezzo del mio sangue, alla celebre Apparizione della SS. Vergine sulla Santa Montagna de La Salette, 19 settembre 1846: Apparizione che ho difeso con parole, scritti e sofferenze… con questi sentimenti offro il mio cuore a N.S. de La Salette».
Col suo testamento Massimino non aveva più nulla da lasciare che la sua fedeltà alla fede della Chiesa. Il pastorello accattivante e volubile com’è sempre rimasto, ha finalmente trovato, presso la Bella Signora, l’affetto e la pace di Dio.
MELANIA CALVAT
Melania è nata a Corps, il 7 novembre 1831, in una famiglia numerosa. Il padre Pietro Calvat, conosciuto come boscaiolo, si adatta a tutti mestieri che gli vengono offerti. La madre, Giulia Barnaud, avrà da lui dieci figli. Melania è la quarta. Si è poveri al punto da mandare alle volte i piccoli a mendicare per le strade. Molto presto Melania è collocata a servizio come pastorella presso i contadini dei dintorni. Dalla primavera del 1846 sino alla fine dell’autunno, la troviamo presso Battista Pra agli Ablandins, una delle frazioni de La Salette. Il vicino si chiama Pietro Selme; è lui che ha assunto, per una sola settimana, l’indisciplinato Massimino, in sostituzione del suo pastorello ammalato. Di fronte a quel piccolo ciarliero, Melania, timida e taciturna, sta sulle sue.
Eppure quei due bambini hanno punti in comune, se così si può dire. Nati entrambi a Corps dove risiedono le loro famiglie, non si conoscono affatto, anche per le lunghe assenze della pastorella. Entrambi parlano il dialetto locale e conoscono qualche parola di francese. Né scuola, né catechismo; non sanno né leggere né scrivere. Il padre di Melania è sempre alla ricerca d’un lavoro; sua madre è sovraccarica di occupazioni con tutti i suoi marmocchi, non c’è posto per l’affetto, oppure ce n’è poco.
All’epoca dell’Apparizione quello che qualifica Melania come Massimino è la povertà: poveri di beni, poveri di cultura, poveri di affetto. Il fatto è anche che sono totalmente dipendenti. Sono delle «cere vergini» che l’Avvenimento segnerà con marchio definitivo, pur rispettando la loro indole. Melania infatti è molto differente dal suo compagno appena incontrato; vive presso estranei e conosce la sua famiglia solo nei difficili mesi invernali, dove si soffre la fame e il freddo.
Non c’è da stupirci che sia timida e chiusa. «Rispondeva solo con dei sì e dei no», testimonia il suo padrone, Giovanni Battista Pra. In seguito però risponderà chiaramente e semplicemente alle domande concernenti il Fatto de La Salette. Rimane quattro anni presso le Suore della Provvidenza a Corps; ha poca memoria e meno attitudine anche di Massimino per lo studio. Già dal novembre 1847 la sua superiora temeva che Melania «traesse un pó di vanità dalla posizione che l’Avvenimento le ha procurato». Diventata postulante e novizia nella medesima Congregazione, la maestra delle novizie le fa leggere testi imbevuti di profezie popolari e di teorie pseudo mistiche e pseudo apocalittiche; è oggetto di attenzioni e premure da parte di numerosi visitatori. Tutto ciò provoca nella pastorella un plagio ed ella si vincola troppo al suo modo di vedere che la segnerà per tutta la vita. Per questa ragione, il nuovo vescovo di Grenoble, pur riconoscendo la sua pietà e la sua dedizione, si rifiuta di ammetterla ai voti «per formarla… alla pratica dell’umiltà e alla semplicità cristiane». Melania resta mentre la maestra delle novizie lascia l’istituto.
Nei 17 anni in cui Melania rimane a Castellammare scrive un segreto che lo collega a quello che ha ricevuto dalla Madonna. In questo testo troviamo molto di ciò che la maestra delle novizie le ha fatto leggere durante il noviziato. Un esame anche solo affrettato di quello che dice e scrive, rivela le differenze irriducibili con i segni e le parole di Maria a La Salette. Si ricostruisce un passato immaginario dove sono esorcizzate le frustrazioni di cui è stata vittima nella sua infanzia.
Fin dal 1854, Mons. Ginoulhiac scrisse: «Le predizioni che si attribuiscono a Melania… non hanno fondamento, sono senza importanza nei riguardi del Fatto de La Salette… sono posteriori a quel Fatto e senza alcuna connessione con esso». E il vescovo sottolinea: «E’ stata lasciata ai fanciulli la più grande libertà di ritrattarsi ed essi non hanno mai mutato il loro linguaggio sulla verità del Fatto de La Salette». In quest’ottica, Mons. Ginoulhiac proclamerà, il 19 settembre 1855 sulla Santa Montagna:
«La missione dei pastorelli è conclusa; comincia quella della Chiesa!»
Sfortunatamente, Melania proseguirà le sue divagazioni profetiche, orchestrate più tardi dal talento sfolgorante di un Léon Bloy, creando una corrente melanista che si richiama a La Salette, ma che non ha altra base che nelle affermazioni incontrollabili di Melania. Siamo le mille miglia lontani dalle fondamenta storiche dell’Apparizione. Nel 1854 un sacerdote inglese conduce Melania in Inghilterra. L’anno dopo entra al Carmelo di Darlington, vi fa la professione temporanea nel 1856, ma ne riparte nel 1860. Altro tentativo presso le Suore della Compassione di Marsiglia. Dopo un soggiorno nella loro residenza di Cefalonia (Grecia) e un passaggio al Carmelo di Marsiglia, rientra alla Compassione per breve tempo. Dopo alcuni giorni trascorsi a Corps e a La Salette, si stabilisce in Italia a Castellammare di Stabia, presso Napoli. Vi rimane 17 anni, scrivendo i suoi «segreti» e una regola per un’eventuale fondazione.
Nel 1892 ritorna in Italia a Lecce, poi a Messina in Sicilia su invito del canonico Annibale di Francia. Dopo qualche mese trascorso in Piemonte, si stabilisce presso don Combe, parroco di Diou, nell’Allier un prete col pallino delle profezie politico-religiose. Finisce per redigere un’autobiografia piuttosto romanzata, dove s’inventa un’infanzia straordinaria, intrecciata di considerazioni pseudo-mistiche che riflettono le sue letture, i suoi personali fantasmi e le chimere dei suoi corrispondenti.
I messaggi che Melania propaga, allora, e che vuole ricollegare a La Salette, non hanno proprio nulla a che vedere con la sua primitiva testimonianza sull’Apparizione. D’altronde quando è invitata a parlare del Fatto del 19 settembre 1846, ritrova la semplicità e la lucidità del suo primo racconto, conforme a quello di Massimino. E questo, in una maniera costante, come avvenne nel suo pellegrinaggio a La Salette, il 18 e il 19 settembre 1902. Ritorna nell’Italia meridionale, ad Altamura (Bari) ove muore il 14 dicembre 1904. Riposa sotto una stele di marmo dove un bassorilievo presenta la Madonna che accoglie in cielo la pastorella de La Salette. Una cosa resta as sodata: al termine di tutti i suoi vagabondaggi, c’è un punto sul quale Melania non ha mai variato: la testimonianza che con Massimino ella ha dato, la sera del 19 settembre, nella cucina di Giovanni Battista Pra agli Ablan- dins. E durante tutta l’inchiesta condotta da Mons. Filiberto de Bruillard, ripresa e confermata da quella di Mons. Ginoulhiac. In una vita difficile, Melania, è rimasta povera e devota, fedele alla sua prima testimonianza.
La vita di Melania dobbiamo rileggerla sempre alla luce del plagio. Anche se ha scritto testi diversi da quanto ha ricevuto da Maria, in lei è rimasta sempre una fedeltà e una coerenza di vita tanto che personalità di spicco in Italia come il fondatore del Boccone del povero, Annibale di Francia, i vescovi di Castellammare e Lecce l’hanno ritenuta una donna di grande spessore spirituale. Le Suore del Divin Zelo che l’hanno avuta per un anno come direttrice conservano ad Altamura il suo corpo e la chiamano “sapiente confondatrice”. Sappiamo che Melania vive gli ultimi giorni ad Altamura, va tutti i giorni a Messa in episcopio, vive nella povertà. La gente dice di lei: “Chi è questa francese che si nutre solo di legumi?”. Quando scoprono che lei è la veggente de La Salette, cambia casa per rimanere nel nascondimento.